Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day), ideata dall’ONU nel 1992 e indetta per la prima volta nel 1993. Quest’anno il tema scelto è “Natura per l’Acqua” (Nature for Water) ovvero: usare le soluzioni che si trovano in natura per ridurre le inondazioni, la siccità e l’inquinamento delle acque.
Come possiamo ridurre le inondazioni, la siccità e l'inquinamento delle acque?
LA RISPOSTA È NELLA NATURA
usando le soluzioni che già troviamo in natura.
La risorsa naturale dell’acqua è sempre di più messa in crisi, riducendosi la disponibilità di acqua dolce di cui abbiamo bisogno per sopravvivere e prosperare. Inoltre si assiste ad un depauperamento dei suoli, dei fiumi, dei laghi e quindi dei nostri ecosistemi.
Sono più di 663 milioni le persone nel mondo senza acqua potabile in casa, costrette a trascorrere ore in coda o in cammino per raggiungere una sorgente di acqua non contaminata. Secondo i dati dell’associazione non governativa WaterAid, in tutto il mondo circa 2,4 miliardi di persone non hanno accesso a servizi igienico-sanitari adeguati e a causa di questo, circa 315 mila bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno di malattie a causa dell’acqua contaminata e delle scarse misure igienico-sanitarie.
L'obiettivo n° 6 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2015-2030 (SDG’s) dell’ONU impegna il mondo a garantire che tutti abbiano accesso all'acqua potabile entro il 2030; esso comprende anche obiettivi sulla protezione dell'ambiente naturale e sulla riduzione dell'inquinamento.
Le soluzioni proposte per la salvaguardia della natura hanno la possibilità di risolvere molte delle nostre sfide idriche. Per esempio sarebbe auspicabile investire in infrastrutture “verdi” e dove possibile, armonizzarle con quelle “grigie”. La riforestazione, la difesa del corso dei fiumi e il risanamento delle paludi potrebbero essere degli investimenti utili per riequilibrare il circolo dell’acqua e migliorare la salute umana e il suo sostentamento. Ma per evitare che le proposte continuino a rispecchiare una visione “mercificatoria”, cioè dell’acqua e della natura come una merce da “usare” e non come un bene comune della Terra, come fonte di vita e quindi come un “capitale naturale” sul quale investire a livello economico e finanziario, bisognerebbe principalmente puntare sul riconoscimento dell’acqua, della terra, dei fiumi come beni titolari di diritti universali che dovrebbero essere difesi attraverso l’adozione di riconoscimenti e di strumenti di diritto internazionale che introducano cioè obbligazioni vincolanti per gli Stati.