Continuando nella presentazione delle tappe principali della storia dell’OPAM, un evento che ha contribuito a chiarire lo spirito e le finalità dell’OPAM, così come le concepiva D. Carlo, fu senz’altro il rapporto con la Caritas italiana, di cui Mons. Muratore fu co-fondatore con Mons. Giovanni Nervo e Mons. Giulio Salmi.
Nel bollettino OPAM del 14 luglio 1973 D. Carlo annunciava che L'OPAM, dopo neanche un anno di attività durante il quale aveva mosso faticosamente i suoi primi passi, si era trasformata in Movimento di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo (MO.P.A.M.) e che “d’ora in poi sarà attività della Caritas Italiana”. D. Carlo spiega le ragioni di questa osmosi con “la convenienza di unificare le energie per evitare dispersioni di forze e rendere più valide, più credibili e più operative le idee fondamentali della promozione dei poveri. Questa unione ci è stata suggerita dal Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Enrico Bartoletti".
D. Carlo, con la solita schiettezza, non nasconde il suo dolore. “Per noi che abbiamo sofferto la preparazione e lo sviluppo dell’OPAM è stato un grande sacrificio, che abbiamo accettato per il bene della Chiesa e per un sicuro maggior bene dei fratelli del Terzo Mondo". Da uomo ottimista e di profonda Fede intuisce il possibile risvolto positivo: “Ma è stato anche motivo di viva soddisfazione e di profonda gioia, perché abbiamo constatato che la grande Idea (dell’alfabetizzazione n.d.r.) è maturata in tutta la sua vitale importanza e in tutta la sua validità e attualità in quelle sfere che credevamo non ancora troppo vicine”.
D. Carlo sperava che la lotta all’analfabetismo, con l’accorpamento dell'OPAM nella Caritas, sarebbe diventata uno dei cardini dell’azione di solidarietà della Chiesa Italiana verso i poveri di tutto il mondo, uno degli impegni pastorali di punta nelle diocesi, ed attraverso le Caritas diocesane un vero fermento culturale che avrebbe portato in breve ad una forte sensibilizzazione di tutta la comunità cattolica italiana.
Nel comunicare alla stampa l’iniziativa, D. Carlo, co-presidente della nascente Caritas, così presentava l'origine del suo impegno a favore dell’alfabetizzazione: “Si è fatto strada attraverso lunghe e sofferte esperienze. E’ nato in trincea, durante la guerra (ndr. D. Carlo fu cappellano militare). Soldati poveri, derisi, sfruttati e ingannati perché analfabeti, dovevano farsi leggere o farsi scrivere la lettera alla mamma o alla fidanzata. E’ cresciuto nel dopoguerra. Notavo come nelle fabbriche (ndr. D. Carlo fu anche cappellano dell’ONARMO) gli operai ignoranti venivano adoperati nei lavori più pesanti e più umili. E’ maturato durante i 15 anni trascorsi come missionario tra i nativi dell’Orinoco, una delle regioni più povere del mondo, tra il Venezuela, il Brasile e la Colombia, dove il 90% della gente era analfabeta”.
Nel contempo illustrava le finalità dell’OPAM, che “vuol richiamare l’attenzione delle istituzioni pubbliche e private e dei Governi su questa preoccupante e dolorosa realtà. Vuole sensibilizzare gli individui e le masse, per avere una risposta concreta di aiuto dell’uomo all’uomo. Per essere credibile e per offrire esempi da imitare e da moltiplicare, intende creare dei Centri di alfabetizzazione integrale nei Paesi del Terzo Mondo e rivolgere un invito a tutte le organizzazioni già esistenti, che si interessano delle popolazioni in via di sviluppo, a rivedere le proprie forme di presenza alla luce dell’alfabetizzazione. Se è buona cosa dare un pezzo di pane a chi ha fame è certamente un bene maggiore mettere chi ha fame nelle condizioni e nelle capacità di procurarsi il pane. E questo è quasi uno slogan che racchiude tutto il programma dell’ OPAM".
La presenza dell’OPAM in seno alla Caritas è durata soltanto un anno. Nel luglio del 1974 l’Opera riprendeva il suo autonomo cammino. Cosa era successo? Alla prova dei fatti, l’impegno per l’alfabetizzazione non riusciva ad emergere nel più ampio quadro dei bisogni ai quali la Caritas italiana veniva chiamata: le molte emergenze, l’impegno improrogabile di correre a sostegno di chi era in pericolo di vita per malattie o fame, facevano scivolare i progetti di alfabetizzazione in secondo piano. A determinare un passo indietro così deciso, è stata la preoccupazione che alla lunga si sarebbe finito con il tradire gli obiettivi di fondo che avevano determinato la nascita dell’OPAM: non solo seminare scuole e istruzione nel Sud del Mondo ma soprattutto dare una spallata all’indifferenza verso quello che si ritiene il peggior flagello dell’umanità, cioè l’analfabetismo. E per far questo occorreva spendere energie tutti i giorni, costruire una vera e propria cultura attenta alla formazione integrale dell’uomo, sostenere il mondo missionario impegnato e convinto del fatto che far crescere le capacità di un uomo è un investimento di gran lunga più efficace e produttivo che sfamarlo per anni. Ecco, era proprio qui il nocciolo della questione.
Separare l’OPAM dalla Caritas fu quindi un gesto di grande coraggio e responsabilità, e come tale fu interpretato da tutti. Scriveva Don Carlo, nel n.1 del giornale dell'OPAM, del 1° luglio 1974 (che, sostituito da un numero speciale mensile di “Italia Caritas”, riprendeva la sua pubblicazione dopo il n.20-21 del 14 luglio 1973): “Quando nel luglio 1973 fu suggerita l’unificazione alla Caritas Italiana, l’OPAM accettò facendo tuttavia presente che, nata come una pianticella all’aria libera, se trapiantata in una serra correva il rischio di ammalarsi. Il presagio non era sbagliato. E siamo grati a tutti – Superiori, Amici e Sostenitori – per averci incoraggiati ad ingranare la retromarcia senza timori. I motivi fondamentali di questa decisione sono due:
1) l’alfabetizzazione è così essenziale che esige una cura preferenziale, sia nei soggetti interessati (gli analfabeti) sia nelle persone da sensibilizzare (la nostra gente). Non si può mescolare ad altre opere assistenziali, ma va evidenziata come la leva basilare dello sviluppo umano e sociale, perché è capace da sola di trasformare le persone in protagonisti del proprio destino.
2) l’alfabetizzazione deve essere concepita come uno strumento del messaggio evangelico che è per sua natura un annuncio di liberazione umana integrale. Aiutando le popolazioni a raggiungere l’alfabetizzazione - che è una vera forma di liberazione - realizziamo il Vangelo e ci muoviamo lungo i sentieri della carità, perché aiutiamo i fratelli a capirsi, a donarsi, a fare comunità, a diventare Chiesa".
D. Carlo ci teneva a sottolineare che non fu una decisione autonoma o precipitosa ma condivisa: “Numerosi sono i consensi arrivatici. Ne additiamo uno solo che, sia per l’autorità da cui proviene, sia per il pensiero che esprime, sintetizza l’augurio più confortante per il nostro impegno. E’ il cardinale Ugo Poletti, Vicario Generale di Paolo VI per la diocesi di Roma, che tra l’altro prevede nell’OPAM un’Opera della Chiesa e della Società”.
Concludeva infine il suo breve comunicato con l’appello insistente e appassionato rivolto alla base che lo sosteneva: “E’ un traguardo il cui raggiungimento dipende in gran parte dai nostri Sostenitori e dai nuovi Amici che essi ci procureranno. L’alfabetizzazione, vista così, è tanto importante da essere considerata non solo un settore autonomo nel campo del progresso, ma punto di partenza e fonte ispiratrice di ogni movimento che voglia impegnarsi seriamente nella collaborazione con i popoli del Terzo Mondo”.
Don Aldo Martini
FONTI: giornale O.P.A.M.
- L’OPAM SI UNISCE ALLA CARITAS ITALIANA (Anno II, n.20-21/14 luglio 1973,p.2 e cf. Anno XX, n.7/8 luglio-agosto 1922, p.4)
- L’OPAM RIPRENDE LA SUA VIA (Anno III, n.1/ 1° luglio 1974,p.2 e cf. Anno XX, n.7/8 luglio-agosto 1922, p.6)