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Salviamo tre scuolette dei villaggi tribali
CONTESTO. La diocesi di Sylhet si estende su un territorio di 12.594 kmq nel nord-est del Bangladesh e comprende i distretti di Sylhet, Sunamganj, Habiganj e Maulvibazar. E’ suddivisa in 7 parrocchie. Su una popolazione di 13,5 milioni di persone i cristiani rappresentano soltanto lo 0,1%, la maggioranza è musulmana (oltre l’81%) e in parte anche indù (il 18%). In Bangladesh c’è la libertà di culto e non sono ostacolate le pratiche religiose, la popolazione è tollerante, pacifica e le diverse comunità religiose convivono in armonia, anche se negli ultimi anni si sono verificati episodi di intolleranza da parte di islamisti radicali. La chiesa cattolica, pur rappresentata da una comunità così piccola, ha un'influenza importante nel campo dell'istruzione: nelle scuole cattoliche, riconosciute come serie e affidabili, sono accolti studenti di tutte le religioni e ci sono insegnanti musulmani. Nel distretto di Sylhet c’è una forte presenza di comunità tribali appartenenti a diverse etnie con lingua e tradizioni proprie (si calcola siano oltre 750.000). Vivono in condizioni di assoluta povertà (reddito pro capite < 1 € al giorno) in piccoli villaggi chiamati punjee, o in baracche fatiscenti, prive di servizi igienici e di acqua potabile nelle piantagioni delle compagnie del tè dove lavorano come braccianti.
PROGETTO. Il 98% dei cattolici è di origine tribale e versa in condizioni di estremo bisogno. Questa situazione si ripercuote anche sull’educazione. “I bambini tribali che possono frequentare la scuola primaria – ci scrive il vescovo della diocesi di Sylhet, Mons. Bejoy N. D'Cruze, – non arrivano al 25% a dispetto delle statistiche ufficiali. Le scuole superiori sono solo nei principali centri urbani e i ragazzi, per frequentarle, devono affrontare anche i costi del vitto e dell’alloggio. La nostra giovane diocesi dal 2011, anno della sua fondazione, grazie all’aiuto della Comunità Europea, ha potuto avviare 101 scuole primarie rispondendo, anche se solo in parte, alle esigenze delle comunità locali. Ma gli aiuti ora sono finiti e la diocesi può sostenere solo 53 scuole rurali per un totale di circa 4.000 bambini. La scuola rappresenta un elemento importante di coesione sociale: famiglie cristiane, musulmane, indù, spinte dalla speranza di una vita migliore per i propri figli, collaborano per i lavori di manutenzione e offrono vitto e alloggio agli insegnanti. Se non troviamo le risorse necessarie saremo costretti a chiudere altre 3 scuole primarie dei villaggi tribali di Mongolpur, Maria Polli, Borla.”
La scuola di Mongolpur accoglie bambini di etnia Garo, provenienti anche dal villaggio di Aiubari, figli dei lavoratori delle cave di pietra. Ha 51 alunni, e 2 insegnanti. La scuola pubblica più vicina dista oltre 4 km e per i bambini più piccoli è impossibile raggiungerla.
La scuola del villaggio Maria Polli (Kollogram) è frequentata da 22 bambini di etnia Garo, figli di lavoratori a giornata nella conservazione del pesce. Il villaggio è circondato da un canale sormontato da un ponte molto rischioso da attraversare per raggiungere la lontana scuola statale.
Borla è un villaggio collinare in piena giungla. La comunità Khasi che vi abita vive di un’agricoltura di sussistenza basata su una tecnica ancestrale (jhum o shifting cultivation). A causa dell’isolamento i bambini parlano solo la lingua madre e non capiscono il bengali, la lingua nazionale. La sola possibilità per favorire l’apprendimento è assicurare un insegnamento in lingua Khasi. La scuola è frequentata da 33 alunni seguiti da 2 insegnanti.
Per garantire la sopravvivenza di queste scuolette Mons. Bejoy N. D'Cruze ci chiede un contributo di 6.400 € per pagare lo stipendio ai 5 insegnanti per 2 anni. La comunità locale provvederà invece all’acquisto del materiale didattico con 667 €.
Chiediamo agli amici dell’OPAM di aiutarci a non far morire queste tre preziose scuolette!