E’ dal 2009 che noi siamo in relazione con l’OPAM, che ci sostiene efficacemente nella formazione dei giovani della diocesi di Kole e in particolare dei ragazzi del Seminario minore “S. Kisito” di Loto, nella Repubblica Democratica del Congo, in una relazione di fraternità. Con gioia grande offro questo mio contributo per l’anniversario dei 40 anni di vita dell’OPAM.
Come intendo l’Umanesimo della fragilità?
L’umanesimo lo interpreto come una cultura che confida nelle potenzialità di sviluppo dell’essere umano e nelle sue capacità di lavorare per lo sviluppo di un’esistenza alla ricerca della perfezione. L’umanesimo della fragilità è un concetto che si applica allo slancio di solidarietà che cerca di correggere lo squilibrio nella gestione comunitaria della condizione umana. E’ l’attuazione della solidarietà attiva all’interno della società umana: da parte dei membri più favoriti verso i meno favoriti e della riconoscenza attiva che questi ultimi manifestano verso i primi, in una comunione fraterna.
In effetti, in Africa in generale e nel Congo in modo particolare, la comunità avvicina le persone. Esiste una grande solidarietà tra la gente soprattutto nei villaggi. Se un fratello cattura della selvaggina la condivide con i vicini e i membri della sua famiglia. Così ci sono dei beni che vengono usati in comune (il mortaio per pestare il riso, le foglie di manioca, gli strumenti per la caccia e la pesca).
I bambini già all’età di 4-5 anni si prendono cura dei più piccoli, da 3 mesi a 1 anno, mentre le madri sono nei campi o alla fonte per attingere l’acqua. I più giovani hanno una venerazione per gli anziani, perché essi incarnano le benedizioni trasmesse da Dio al capo famiglia. Così il rispetto per un vecchio e un servizio a lui prestato procura fortuna negli affari. Incrociare le braccia per salutare uno più anziano, porgergli qualcosa con le due mani o salutarlo sostenendo la mano destra con la sinistra, chiamarlo non con il suo nome proprio ma con quello della sua funzione (papà del tale, papà Direttore, mamma del talaltro o mamma Presidente): sono altrettanti valori che avvicinano le persone.
I bambini si sentono in obbligo di aiutare e sostenere i loro parenti (papà e mamma, zii e zie, fratelli e sorelle, cugini e cugine…). Ogni anno il figlio ha il dovere di portare ai genitori il frutto del lavoro delle sue mani.
La solidarietà si manifesta specialmente nei momenti difficili della vita (morte, nascita di gemelli, malattia). Da noi in quei momenti si sta accanto alla persona perché non cada nella disperazione e non si senta sola. Per un lutto ad esempio tutto il villaggio sospende il lavoro per andare a consolare la persona provata. Si danza e si canta per aiutarla a superare l’accaduto…
Questa vicinanza permette alla persona di trovare qualcuno con cui parlare per liberarsi dal peso emotivo che l’affligge.
In effetti, da quando siamo in contatto con l’OPAM noi viviamo un po’ l’esperienza della solidarietà. Grazie all’assistenza dell’OPAM noi possiamo funzionare tutto l’anno. Abbiamo potuto acquistare nuovi banchi di scuola, tavoli, lavagne, libri, sedie grazie alla generosità dell’OPAM. Speriamo anche di avere presto delle aule scolastiche. Credo che i 40 anni dell’OPAM sono una pagina evangelica dell’umanesimo della fragilità. Cristo infatti è venuto in soccorso dei più deboli e dei poveri. Anche l’OPAM lo fa, senza attendersi una ricompensa.
Il Seminario minore ospita ragazzi dagli 11 ai 18 anni. Essi hanno bisogno di essere accompagnati da una pedagogia solidale. Lontani dalle loro famiglie sono fragili perché privati del loro ambiente protetto. L’OPAM svolge questo ruolo di supporto, di accompagnamento pedagogico. Per questo i ragazzi esprimono la loro viva riconoscenza e una profonda gratitudine in occasione di questo quarantesimo anniversario.
Abbé Blaise Pascal Elembe Musongela
(rettore del Seminario minore S. Kisito di Loto)