Aprile 2011 - L'intervista



I BAMBINI DI ROMA RACCONTANO LA LORO ESPERIENZA

 

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La Scuola Statale “Giorgio Franceschi” di Roma si presenta, appena varcata la porta d’ingresso, come un laboratorio pieno di colori e di attività. Cartelloni, disegni, poster dappertutto, in bell’ordine, ma anche con grande libertà artistica. Quando vi sono entrata, martedì 9 marzo, il Carnevale era appena terminato e tutte le maschere italiane, delle più diverse dimensioni e negli atteggiamenti più originali, occupavano le pareti, i soffitti, pendevano dai fili tesi da ogni parte.
Questa Scuola è impegnata da lungo tempo nei gemellaggi e nel sostegno ad altri progetti dell’OPAM. Attualmente i gemellaggi sono diventati quattro, grazie alla convincente propaganda di Stella Amori e di altri maestri che l’hanno seguita volentieri (Fabio Rotondo, Tiziana Paolini e Sandra Ingegneri). La 3aB corrisponde con le Filippine, la 3aC con la Thailandia, la 4aA e la 4aB con l’India.
Sono venuta a farvi un’intervista”. Questo è stato il mio esordio nelle quattro classi, simpatiche e vivaci. Fabio continuava a scattare foto per immortalarci. Ma l’entusiastico interesse e la travolgente voglia d’intervenire degli alunni non mi hanno permesso di scrivere nemmeno una riga di appunti. I bambini continuavano a fare domande a me, mentre avrebbe dovuto avvenire il contrario. Il clima era così amichevole e cordiale che ho dovuto cedere.

Gli alunni che corrispondono con i bambini di Changrai in Thailandia erano intenti a guardare i disegni dei loro amici e si davano da fare, con l’aiuto degli scritti ricevuti, per scoprire chi era l’autore di ognuno.

Che cosa provate, quando vi arrivano le loro lettere?
Amicizia!” mi hanno risposto.
E, secondo voi, che cosa provano loro?
Sappiamo che molti sono orfani: si sentono meno soli!
Perché fratel Gianni Dalla Rizza li ha portati nel suo Centro?
Ho spiegato che questo missionario aveva cominciato a raccogliere gli orfani dei malati di lebbra. Ora, per fortuna, questa malattia sta scomparendo, ma ci sono ugualmente tanti bambini orfani o impossibilitati a frequentare le scuole. Appartengono a tribù emigrate anni fa dalla Cina e che si dedicano alla coltivazione dell’oppio. Questo fatto incuriosisce i bambini e il discorso scivola sul tema della droga. E così abbiamo parlato di come si cade in questa dipendenza, di chi guadagna con questo sporco traffico, specialmente nel “triangolo della droga”, in Thailandia.
Eccoci allora a parlare di cronaca nera. I nostri mass-media ci rovesciano addosso tante notizie terrificanti e sembra che al mondo ci siano soltanto quelle. Invece le notizie dei nostri gemellaggi ci mostrano quanta gente di buona volontà lotta e lavora nei Paesi poveri.
E perché sono così poveri?” è la domanda inevitabile. Rispondo che i Paesi ricchi stanno bene perché possono sfruttare i beni di questi Paesi (che non hanno i mezzi per sfruttarli da sé), pagano poco adulti e bambini che lavorano per loro, e così li lasciano in una povertà sempre più grande. E spesso anche l’ambiente (fiumi, coste, foreste, qualità dell’aria) rimane rovinato. Siccome i mass-media sono nelle mani dei potenti, di queste cose si parla poco o nulla.
Questo non è giusto!” è l’osservazione che viene ripetuta continuamente.
E allora, se non è giusto, bisogna che il mondo cambi”.
E come?
Voi cominciate ora a sapere che cosa succede veramente nel mondo. Quando sarete grandi, potrete dare il vostro contributo per cambiare le cose.

Ai corrispondenti con la scuola di Andichioorani, nello stato del Tamil Nadu, in India, che desideravano conoscere meglio l’ambiente dei loro amici, ho portato le cartine dei luoghi e le foto delle classi. Erano stupefatti: gli alunni lavoravano seduti per terra, non c’erano banchi. Eppure sembravano contenti. Abbiamo discusso di quanto sono necessarie le scuole, di quanto desiderano di andarci i bambini, e più ancora le bambine, che hanno meno occasioni di studiare, perché in India le donne sono più penalizzate. Fin da bambine devono fare da serve in casa e poi, sposate su decisione dei genitori, vanno a continuare questo lavoro in casa del marito.
Nasce immediatamente il confronto con le nostre condizioni di vita.
Non è giusto, bisogna che tutto questo cambi e la povertà sparisca”.
Ecco perché è bene sapere tutte queste cose: solo così si potrà lavorare per cambiarle e dare a tutti la possibilità di una vita più umana”.

La classe gemellata con le Filippine aveva mandato agli amici auguri di Natale coloratissimi. I bambini di Natandol si sono sentiti in dovere di rispondere con cartelloni favolosi, incorniciando le loro foto ed i disegni con artistici ornamenti in cartone verde. Ammirandoli, abbiamo riflettuto su quanto hanno lavorato e quanto materiale hanno acquistato, con grande generosità.

Anche i nostri alunni sono generosi. L’anno scorso hanno aderito all’iniziativa di adottare un maestro, perché potesse istruire un intero villaggio. Per questo erano convinti che anche il gemellaggio consistesse nel raccogliere denaro per la classe gemellata. Ne abbiamo discusso insieme, per concludere che invece gli obiettivi più importanti sono anzitutto: conoscere gli amici gemellati, scambiare notizie sul loro ambiente, la loro cultura, il modo di vivere, sapere quali sono i loro sogni e le loro speranze. Tutto questo approfondisce le conoscenze, anche per lo sforzo fatto nello scrivere in una lingua che non è quella materna. L’obiettivo principale però è creare un ponte, un’amicizia. Per i nostri ragazzi, in più, sapere quali sono le condizioni di vita nelle diverse parti del mondo, cominciare a combattere le ingiustizie (e allora un piccolo aiuto economico, offerto però con delicatezza, può essere una prima prova di solidarietà): domani sapranno fare meglio le loro scelte, per rendere migliore e più umano il mondo in cui viviamo.
Domande e riflessioni ci hanno tenuti occupati per due ore. Era il momento della mensa, e i nostri alunni cominciavano ad aver fame. “Mai quanto i nostri amici – ha notato uno – In un CD dell’OPAM, ho visto un bimbo africano che all’ora della merenda addentava la sua ciabatta: però ci rideva sopra!” Ci siamo lasciati, con la promessa di portare avanti ancora meglio il nostro lavoro e sperando di rivederci, per parlarne ancora.
Anna Maria Palmieri
Ufficio Gemellaggi OPAM