Conoscere i popoli per amarli

“Signor Ministro della Pubblica Istruzione, che Le pare di un’ora obbligatoria nelle scuole sull’“Educazione all’umanità?”

Quando vedo il floricoltore curare con somma delicatezza le pianticelle il cui prodotto con la sua inimitabile fragranza e i suoi incantevoli colori, può diventare profumato anello di congiunzione tra la sontuosa dimora del ricco e l’umile capanna del povero… penso al Maestro. E quando osservo il contadino che instancabile porta a maturazione il suo grano e le sue uve per il nutrimento degli uomini, penso ancora al Maestro. Il Maestro infatti è tutto questo, e più ancora, data la speciale “materia prima”, carica di intelligenza e di creatività, sulla quale svolge pazientemente il suo incomparabile lavoro.

E’ sempre stato così da che mondo è mondo. Ma oggi gli strabilianti mezzi di comunicazione di cui godiamo ci propongono l’obbligatorietà di superare gli steccati del nostro villaggio e di pensare ed operare come cittadini del mondo.

L’era nostra, quella dell’Elettricità, del Telefono, della Radio, della Televisione, dell’automobile, dell’Aereo, del Computer, dell’Atomo ecc. non è né peggiore né migliore dei tempi passati. E’ la “nostra” era. Quella che abbiamo costruito noi, uomini di oggi, con il nostro studio, il nostro impegno, i nostri sacrifici e il nostro orgoglio. Anzi, per me credente, è l’era che avvicina maggiormente la Creatura al Creatore il Quale, nella Sua bontà e saggezza senza limiti si compiace di donare all’uomo sempre maggiori partecipazioni alla Sua onnipotenza creatrice.

I nostri bambini, i nostri ragazzi e i nostri giovani si trovano inseriti automaticamente in questa innovatrice strada dalla duplice carreggiata, una che va e l’altra che viene. Il flusso e riflusso delle loro ricchezze spirituali, culturali, economiche e sociali potrà risultare benefico o malefico per essi e per la società in conformità dell’educazione che avranno ricevuto. Un’educazione che non può essere contenuta dentro il recinto del vecchio ovile ma estesa fino a toccare gli ultimi confini del nostro pianeta e superarli. Così si conoscerà di più l’uomo in sé per poi rispettarlo come persona ed amarlo come fratello, dovunque esso si trovi, qualunque sia la diversità dei colori della pelle, delle tradizioni, delle credenze e della lingua. Dal rispetto e dall’amore nascerà spontaneo il bisogno della solidarietà tanto nel darla quanto nel riceverla.

E sarà proprio questo nuovo spirito di solidarietà, intesa come condivisione dei beni, primo fra tutti quello del “sapere”, che cancellerà dal cuore dell’uomo egoismi, rancori ed odi e farà nascere una nuova umanità fatta di esseri ragionevoli e non di belve feroci.

La ragione è la caratteristica che distingue l’uomo dagli animali. Se la si perde o la si usa malamente vengono a crearsi situazioni di grandi sofferenze, con il rischio di fare dell’uomo un essere “sragionevole”, cioè un “pazzo”. Non sono forse vere follie le guerre fratricide che per colpa di pochi fanatici coinvolgono nella loro spirale di morte intere infelici popolazioni? Non è forse vera pazzia l’inconcludente sanguinaria dominazione della Russia in Afganistan? E si può forse definire ragionevole il comportamento di Pinochet in Cile o di una minoranza in Sudafrica che, pur di rimanere al potere e di continuare ad usufruire dei privilegi che da detto potere derivano, non si fanno scrupoli di sorta nel reprimere le loro Comunità, soffocando ogni legittima aspirazione a godere dei fondamentali diritti umani chiaramente elencati dall’ONU nella celebre Dichiarazione del 10 dicembre 1948? E non siamo noi stessi delle menti poco lucide quando coviamo nel nostro intimo sentimenti di astio e di vendetta? Tutti questi comportamenti negativi ubbidiscono ancora a vecchi “codici d’onore” e a vecchi concetti di potere, tristemente famosi, che nei tempi passati potevano avere l’attenuante dei confini ristretti (piccolo paese, inferno grande), oggi, con le provvidenziali aperture sul mondo, assumono un tono che potremmo definire ridicolo se non fosse impregnato di sangue.

Sono questi i grandi punti cardinali sui quali deve fermarsi l’attenzione e l’impegno dell’educatore.

L’uomo finalmente possiede gli strumenti per capire l’importantissimo assioma che l’arricchimento della persona avviene quando si vive e si lavora con gli altri e per gli altri. Ci sarà ancora del male, ma limitato in quantità e qualità, e verrà emarginato.

Ci saranno ancora i ricchi e i poveri, ma non i miserabili. Lo spirito ritornerà a prevalere sulla materia, non per disprezzarla e umiliarla, ma per permearla e trasformarla in bene comune e non in privilegio di pochi.

Non è utopia. E’ un traguardo obbligato che esige però preparazione e presa di coscienza: due colonne che a loro volta si basano su una roccia adamantina chiamata educazione.

L’educatore di oggi, se veramente aspira a cooperare alla creazione di un mondo nuovo deve possedere dentro di sé il prezioso patrimonio della conoscenza dei popoli per farli conoscere prima e amare poi dai suoi alunni. Naturalmente per svolgere una così delicata didattica l’educatore deve avere buoni sussidi; riviste, libri, cassette, documentari cinematografici, e non sarebbe male, se per tale scopo, intraprendesse viaggi negli altri Paesi, specie in quelli del sottosviluppo. Non alludo ai viaggi turistici, tanto reclamizzati dalle varie società, ma a quei viaggi organizzati allo scopo di penetrare a fondo altre realtà umane. E qui dovrebbe entrare in azione il Ministero della Pubblica Istruzione. Questo Ministero, a mio avviso, oltre impegnarsi (magari lo facesse sul serio!) ad una “scuola per la vita” dovrebbe avere un po’ di immaginazione, di immaginazione, di lungimiranza per aprire la strada verso una “scuola per l’umanità”.

Sappiamo che non è facile scrollarsi di dosso la montagna di vecchie impalcature e di pesanti carrozzoni che gli impediscono di alzarsi in piedi e di spalancare le finestre. Ma se non si danno decisi colpi d’ala e forti sterzate è inutile pensare alle riforme. La parola “riforma” non significa soltanto “formare di nuovo” ma può voler dire soprattutto innovazione, e cioè “fare del nuovo”. E un’iniziativa che sa veramente di “nuovo”, necessaria per l’unità di tutti gli uomini, potrebbe essere appunto quest’ora di “educazione all’umanità” obbligatoria, come sono obbligatorie tutte le altre materie di insegnamento”.

Carlo Muratore

(OPAM, N.2, febbraio 1987, p.1)