Estate 2011


  VACANZE: UN TEMPO PER VOLERCI BENE


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E’ iniziato l’esodo annuale. Come rispondendo ad un misterioso comando le città si svuotano, il fiume umano inverte la rotta: non più dalle periferie al centro o ai posti di lavoro, ma verso fuori, quasi una fuga… verso il mare, i monti, i luoghi dell’evasione. Le grandi città ridiventano per un po’ più vivibili, più umane, decongestionate dal traffico frenetico. Nel periodo di punta dell’esodo estivo paiono deserte. I negozi chiusi, le saracinesche abbassate danno un vago senso di vuoto, di abbandono, perfino di lutto. Al contrario, come per un gigantesco movimento diastolico, si riempiono le località turistiche: paesetti sonnacchiosi per il resto dell’anno improvvisamente si rianimano di voci e di volti nuovi o che si rivedono puntualmente ad ogni estate.
    Sono arrivate le ferie (giorni di astensione dal lavoro in onore degli dei, così le intendevano i latini). E’ tempo di vacanze. Parole magiche, sconosciute un tempo nella civiltà contadina della mia infanzia, quando il tempo lasciato improvvisamente libero dalla chiusura delle scuole si dilatava a dismisura e non si sapeva bene come riempirlo. E allora si cercava qualche piccolo lavoro a bottega, un’occupazione stagionale in campagna per non “stare in ozio”. Ci sembrava, a noi ragazzini dell’immediato dopoguerra, quasi un peccato tutto quel tempo sciupato senza far nulla, mentre tutti gli adulti lavoravano sodo. Quando le scuole chiudevano i battenti mi assaliva una strana sensazione di melanconia: non udire il richiamo della campanella, non vedere più gli amici tutti i giorni come prima, non sapere cosa fare. Ecco allora le parrocchie organizzare le famose colonie e i campeggi estivi per dare a tutti la possibilità di trascorrere in modo fruttuoso le vacanze. Capisco ciò che mi diceva giorni fa una suora missionaria in Africa: “Le nostre ragazze non amano le vacanze e ci chiedono quando possono tornare a scuola”. Anche perché a casa le attende un duro lavoro, forse cibo scarso, ma soprattutto perché manca la compagnia delle amiche.
    Dunque vacanze come sinonimo di tempo vuoto, sciupato? Le risposte possono essere tante: si, no, forse… Dipende da come le viviamo.
Se concepite come pura evasione, fuga come da un carcere per rompere la monotonia di una vita di lavoro alienante, occasione per un divertimento frenetico, tempo per fuggire da se stessi, per non pensare, possono diventare a loro volta alienanti, fonte di dissipazione e di dispersione. Abbiamo bisogno tutti di ricomporre la nostra unità interiore, seriamente minacciata dal ritmo a cui siamo sottoposti per la maggior parte dell’anno. Direi che le vacanze sono un momento propizio per il ricupero di noi stessi, un momento per volerci bene. “Rede in te ipsum” dicevano gli antichi maestri di spirito: ritorna in te stesso. Scendere nell’intimo del nostro cuore, nella cella interiore, ci insegnano i mistici.
    Vacanze quindi come tempo di contemplazione. Etimologicamente contemplare significa osservare attentamente il tempio, luogo consacrato agli dei. Per noi può essere l’osservazione attenta del grande tempio di Dio che è la natura, non solo con gli occhi ma col cuore, sul modello di S. Francesco. Ma c’è anche un tempio in cui Dio vuol abitare come sua dimora e siamo noi stessi. In questo senso tempio di Dio è anche la mia storia, perché siamo costruiti come persona dai fatti, dalle cose, dalle persone che Dio ci mette accanto.
    Fermarci per ricordare (rimetterci nel cuore) la nostra storia, non per rattristarci, per rimpiangere le occasioni perdute, ma per vedere il cammino che Dio ha fatto con noi. “Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto… per sapere quello che avevi nel cuore.” Questo invito di Mosè al suo popolo, di contemplare il tempo della vita nel deserto, terra di scorpioni e di serpenti velenosi, ma anche terra dove è stato nutrito di manna e dissetato di acqua scaturita dalla roccia, vale anche per noi. Ricordare, fare memoria è far pace con noi stessi, con gli altri, con la vita perché scopriamo di essere amati, comunque siamo. Dimenticare, scordare è la radice di tutti i mali.
    Infine vacanze come tempo di relazioni. Ciò che ci forma e ci salva sono le relazioni autentiche, da riscoprire attraverso una maggiore attenzione per chi vive al nostro fianco, ma anche per chi ci è concesso di incontrare: e le vacanze possono essere tempo di incontri, se non ci isoliamo nella nostra presunta autosufficienza.
Anche lo stile con cui viviamo le nostre vacanze, sia partendo sia rimanendo a casa, può essere una forma di alfabetizzazione del cuore, un aver cura di noi stessi per poterci prendere cura dei nostri fratelli.
Don Aldo Martini