Novembre 2013 - Caro padrino, ti scrivo....

Attraverso le letterine ai loro sostenitori, i bambini di Bobo-Dioulasso (Burkina Faso) ci donano uno spaccato di vita della loro realtà. Preziose lezioni dal sud del Mondo che ci aiutano a sentirci più vicini
 

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Nella corrispondenza che i bambini inviano ai “padrini” o “madrine”, come familiarmente vengono da loro chiamati gli adottanti, affiora spesso il desiderio di farli partecipi della loro vita quotidiana che si svolge all’insegna di una ordinaria semplicità. Così è per i bambini del Burkina Faso, un Paese fortunatamente risparmiato dalla guerra, che travaglia invece altre zone dell’Africa e dove la quotidianità è caratterizzata da ben altri contenuti. Questi bambini oggi, grazie al sostegno scolastico, sanno leggere, scrivere, possono raccontarsi e, attraverso le loro letterine e i loro disegni, ci danno uno spaccato di vita rurale, alle prese con i problemi della siccità, dell’allevamento del bestiame, della costruzione della casa e della scuola. Visti dai bambini, mestieri e personaggi assumono un’importanza particolare ai loro occhi incantati. Il fabbro, l’allevatore di bestiame, l’arrivo del “griot”, la festa delle maschere sono percepiti come elementi importanti e significativi della loro vita, capaci di ravvivare la monotonia di giorni tutti uguali. Per certi versi riportano tanti di noi ai ricordi della nostra infanzia, quando bastava poco per accendere la fantasia e farci vibrare di emozione. Ci accorgiamo che nonostante le apparenti diversità ci accomuna un’identica esperienza di vita, almeno nell’età dell’infanzia, che è il tempo in cui si plasma la personalità, il momento degli incanti meravigliosi, delle forti gioie e degli acerbi dolori. Il momento in cui si impara il difficile mestiere di diventare anzitutto uomini e donne e che ciò che ci accomunerà per il resto della vita è questa umanità che nessuna barriera politica, economica, ideologica dovrebbe poterci rubare. Con Sr. Rosario Martinez, referente in loco delle adozioni scolastiche, ringraziamo quanti si fanno carico dell'educazione di questi piccoli e ci auguriamo che altri bambini possano avere la stessa opportunità.

 

L’ACQUA 

Caro padrino,
sono molto contento di trasmetterti i miei più cordiali saluti. Sto bene come mi auguro sia per te.  Voglio parlarti della stagione secca in Africa. Da diversi mesi non piove. Sia i pozzi che i bracci di fiume sono prosciugati. 

Le donne soffrono in questo periodo perché debbono cercare l’acqua molto lontano dal villaggio. Di giorno gli abitanti si riuniscono sotto le tettoie. Si riposano giocando a waré (gioco della semina). La sera vanno a dormire tardi.

Alcuni alberi hanno perso le foglie. Gli animali hanno sete. Dovunque cantano le cicale. I campi sono nudi. La terra è secca.

A questo punto ti lascio. Grazie per tutto quanto fai.  

Noelli S.

 

IL GRIOT

Cari padrino e madrina, col cuore colmo di gioia vengo a voi per condividere qualcosa sulla vita in Africa. Oggi vorrei parlarvi del banditore pubblico. Si tratta di un “griot”. In Africa, come voi saprete i “griot” annunciano le notizie, buone o cattive. Trasmettono il loro messaggio attraverso il tam tam. Ad esempio annunciano alla gente del villaggio l’arrivo di una parrucchiera. Oggigiorno noi abbiamo la radio e la televisione per sapere ciò che avviene. La gente del villaggio è attenta al messaggio del “griot”. Oggi non aspettiamo il suono del tam tam se non per la ricerca di un bambino perdutosi durante una festa tradizionale. Ai giorni nostri il “griot” canta sia per un matrimonio che nelle feste della propria tradizione.

 Cécile M. 

 

IL FABBRO

Caro padrino, buon giorno.

Ti invio un’immagine di cui farò un breve commento. IL FABBRO Ti parlo del fabbro. Nel villaggio si sentono spesso i colpi di un martello di ferro. L’interno della fucina è tutto nero. Il suolo e i muri sono ricoperti dalla polvere del carbone. Un giovane apprendista alimenta il fuoco servendosi di mantici. Con delle grandi pinze afferra un ferro incandescente dal fuoco, lo posa sull’incudine e lo colpisce con il suo pesante martello: una volta, due volte. Fabbrica molti oggetti: coltelli, zappe, lance…

 Wilfred O.

 

 LA CAPANNA

Caro padrino, con gioia ti scrivo qualche notizia.

In Africa spesso si fanno costruzioni in mattoni. LA CAPANNA Ecco una casa simile a quella di mio nonno.Si prende della terra e si fanno con essa dei mattoni crudi, che si mettono a seccare al sole. Dopo qualche giorno si possono prendere per costruire la capanna. La copertura è in paglia, con una porta in legno. Oggi è arrivato il cemento e la gente lo usa per costruire le proprie abitazioni. Ma per farlo occorre avere i mezzi.

Grazie per quanto fai per me.

Léontine S. O. 

 

 

 

 

LA SCUOLA

Caro padrino, sono molto contenta di darti mie notizie.

In Africa come vedi dal disegno esiste la scuola. Ma bisogna sapere che il costo è molto alto, soprattutto in un Paese sottosviluppato. Dalla primina fino al liceo si paga per andare a scuola, e molto. Questo costituisce un enorme problema. Molti ragazzi finiscono sulla strada per mancanza di mezzi. Io però ho avuto la fortuna di andare a scuola grazie a te. Il denaro che mi mandi mi ha permesso di iscrivermi alla scuola e di avere un avvenire più sicuro.

Grazie per tutto quanto fai per me.

 Marie N.

 

LE MASCHERE

Buon giorno, caro padrino,

è nella gioia di un cuore colmo di uno spirito africano che ti partecipo le mie notizie.

LE MASCHERE

L’Africa è un continente pieno di cose mistiche. Nella mia lettera ti parlerò della festa delle maschere. Tre giorni prima un “griot” annuncia la notizia. Tutti si preparano. Un mattino gli abitanti del villaggio si risvegliano al suono dei tam tam. Gli anziani fanno dei sacrifici. Allora inizia la festa. Le maschere sono accompagnate dai “griot”. I bambini si precipitano per vederle. Nessuno deve sapere chi c’è dietro la maschera. Guai a chi si avvicina troppo: riceve dei colpi di frusta. Le maschere si arrestano spesso e danzano con forza, girando più volte su se stesse. La folla grida di gioia. La festa continua così fino a sera.

Ecco quanto volevo condividere con te sull’Africa.

Aline S. S.

 

I PASTORI

Cari padrini, non ho cose molto importanti da dirvi. Semplicemente vorrei parlarvi della vita dei pastori in Africa. Qui i bovini, i montoni, le pecore e le capre sono rinchiusi perlopiù dentro dei recinti. I buoi sono tenuti in grande considerazione dalla gente perché essi permettono lo sviluppo di molte attività. Questi animali sono seguiti da un pastore che al mattino presto li fa uscire dal chiuso e li ritira la sera. Durante la giornata li fa pascolare nella “brousse”. I PASTORI Il proprietario degli animali può accordarsi con il pastore. Ad esempio può decidere di dargli un bue all’anno oppure stabilire un salario mensile. Le cose variano a secondo del tipo di animali. Per i buoi il contratto è annuale, mentre per i montoni è più breve: otto o nove mesi. Inoltre le pecore figliano come pure le capre.

Io sono un “peul” (etnia di pastori) ma non ho dei bovini come pure mio padre. Mio nonno invece ne aveva parecchi. Spesso mi dava del latte appena munto. Quanto agli animali essi non erano affidati a un pastore: era mio padre che se ne occupava. Ogni mattina li faceva uscire dal chiuso e li conduceva dietro il cortile nel nostro villaggio e li lasciava lì: poi tornava a casa da mio nonno. La sera usava un fischietto per richiamare tutti gli animali al luogo dove li aveva lasciati la mattina e li riconduceva a casa. Arrivati qui i buoi si riunivano davanti al loro recinto perché sapevano che avrebbero ricevuto qualcosa da mangiare. Infatti mio nonno aveva l’abitudine di dar loro ogni giorno del cotone mescolato con della granaglia che i buoi amavano particolarmente. Arrivato all’età adulta mio padre decise di lasciare i buoi a suo fratello minore e andare a cercare fortuna altrove. I buoi affidati a suo fratello però non crebbero. Cominciarono a dimagrire e poi a morire. Alla morte di mio nonno tutti i buoi erano scomparsi. Mio padre che era partito alla ricerca di un lavoro non trovò niente. Per non tornare a casa a mani vuote si mise a lavorare a giornata come bracciante. Fece questo lavoro per anni prima di poter avere un suo campo.

Io da grande vorrei diventare dottore. Ho scelto questa professione perché vorrei poter salvare la vita dei malati e contribuire allo sviluppo del Paese. Inoltre se farò fortuna con questa professione vorrei aiutare i bambini nel loro percorso scolastico.

Prego Dio che mi aiuti a realizzare il mio e i vostri sogni.

Abdoul Karim D.