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Verso il futuro con speranza
L’incontro all’OPAM con Suor Agnese Elli, Missionaria Comboniana tra i beduini Jahalin in Cisgiordania, resterà a lungo nel nostro cuore assieme alle storie di dolore e di speranza che ha condiviso con noi. Lei e la sua consorella eritrea, Sr. Azize Kidane, vivono nell’Area C a servizio di questa popolazione sfollata dal deserto del Negev. E’ la prima volta che l’OPAM propone ai suoi amici un progetto in questa parte del mondo e per un popolo ancora oggi tanto dimenticato. Speriamo vivamente che dopo la lettura ne rimaniate contagiati come è avvenuto per noi.
CONTESTO. La Terra Santa è testimone di un conflitto ancestrale e sanguinoso che coinvolge e logora i popoli che la abitano. Il conflitto arabo-israeliano rappresenta una ferita, un nodo irrisolto, di cui il mondo contemporaneo non riesce a farsi carico. Così da un lato il popolo ebreo, che porta ancora aperte le piaghe del nazismo e della shoa, dall’altro il popolo palestinese di cui la storia recente vede la diaspora e il progressivo disgregarsi del tessuto sociale e economico; essi vivono sugli stessi territori costretti alla separazione e al conflitto dalla miopia dei governanti. La Cisgiordania è attualmente divisa in tre zone: “Area A”, città palestinesi sotto l’amministrazione dell’Autorità palestinese, “Area B”, zone rurali il cui controllo è diviso tra Israele e Autorità palestinese, “Area C”, che comprende le colonie israeliane e territori palestinesi sotto il pieno controllo civile e militare israeliano. In questa Area C, nel territorio tra Gerusalemme e Gerico, sono confinate le comunità delle tribù beduine Jahalin, tradizionalmente nomadi che da centinaia di anni vivevano nel deserto del Negev, nel sud dell’odierno Israele. Espulsi dal loro territorio tradizionale al tempo della costituzione dello stato di Israele e delle successive guerre arabo-israeliane, i Jahalin vivono oggi in spazi sempre più ristretti per gli insediamenti, le infrastrutture militari, lo sviluppo urbanistico in corso nella zona e il muro di separazione costruito da Israele. Costretti in territori delimitati, con il divieto assoluto di spostarsi e di costruire, hanno abbandonato le tradizionali tende e vivono in baracche realizzate con materiale di riciclo, del tutto simili a quelle degli slum delle periferie metropolitane degradate nelle altre parti del mondo. I loro accampamenti ospitano dalle 100 alle 1000 persone, alcuni gruppi vivono in pieno deserto, e i Jahalin, lontani da infrastrutture e servizi e dalle sorgenti d’acqua e dai pascoli, hanno dovuto ridurre le loro greggi e i frutti della pastorizia, e ora dipendono sempre più dagli aiuti alimentari internazionali.
PROGETTO. Questa situazione socio-politica condiziona la vita delle comunità Jahalin, e penalizza fortemente le loro scelte nel provvedere all’inserimento dei figli nel mondo scolastico per il divieto di costruire e la difficoltà, specie per i bambini più piccoli, a raggiungere le scuole dell’UNRWA (l’organizzazione ONU per i rifugiati palestinesi). Le Suore Missionarie Comboniane che vivono a Gerusalemme, sollecitate dalle richieste della stessa comunità Jahalin, nel 2010 avevano avviato un programma per stabilire scuole materne negli accampamenti beduini tra Gerusalemme e Gerico. Ci racconta Suor Agnese Elli: “Il programma è cresciuto negli anni raggiungendo nuovi villaggi beduini e dando concretezza al sogno del diritto all’educazione per i più sfavoriti tra i bambini palestinesi. Gli asili sono affidati a giovani donne delle stesse comunità beduine, assistite con un programma di supervisione costante e di formazione per metterle in grado di svolgere il loro compito, programma affidato a personale competente e i cui contenuti vanno dall’ambito educativo-pedagogico a quello igienico-sanitario e sociale. Le strutture che ospitano le scuole sono procurate, nel rispetto delle restrizioni di costruzione dell’Area C, dalle stesse comunità beduine, il cui coinvolgimento e interesse per la scolarizzazione dei bambini è dimostrato dal numero crescente degli asili. Queste scuole sono considerate un patrimonio dei villaggi tra i quali si è stabilita una rete di solidarietà facendo ritrovare alle comunità dignità e consapevolezza delle proprie radici. Grazie alle scuole esse sentono di “valere” agli occhi del mondo nonostante il contesto di oppressione politico-militare. Il ciclo scolastico palestinese non prevede le scuole materne, di solito lasciate all’iniziativa privata, e noi Missionarie Comboniane continuiamo a avviare asili nei villaggi anche per accrescere il numero delle strutture protette e riconosciute dalla comunità internazionale nella speranza che si possa così sventare la minaccia di demolizioni e nuove deportazioni forzate delle comunità beduine. Le famiglie si impegnano a provvedere alla manutenzione delle strutture e a collaborare con noi suore per lo sviluppo dell’attività scolastica, ma possono contribuire solo in minima parte ai costi dell’operatività delle loro scuole materne, per questo ci rivolgiamo alla generosità dei benefattori dell’OPAM perché ci aiutino in questo progetto che, oltre agli stipendi di un anno scolastico, prevede anche un corso di training per nuove educatrici per dare speranza e nuove possibilità di inserimento nel mondo del lavoro alle giovani donne beduine in una Palestina con un alto tasso di disoccupazione, specie tra i Jahalin. Vi chiediamo un contributo di 9.937 €, di cui 5.641 € per la pur minima retribuzione di 22 educatrici degli asili, 3.846 € per il corso di formazione di nuove educatrici, 450 € per le divise scolastiche di 180 bambini Jahalin. Vi ringrazio in anticipo per quanto potrete fare.”